Noi siamo 4.0 e viviamo in un mondo 4.0…. forse ancora per poco, perché, con gli enormi passi avanti che la tecnologia compie sempre più velocemente, è probabile che ci troveremo nel 5.0 in men che non si dica.
4.0 significa anche vivere nella 4° rivoluzione industriale: ma in che senso?
Negli anni, l’aumento della complessità* ha portato innovazioni sempre più grandi, modificando il rapporto con il concetto di lavoro. Pertanto siamo passati: dall’introduzione della macchina a vapore, nel corso del 1700 (1° rivoluzione industriale), al rapporto passivo tra l’uomo e la macchina attraverso la catena di montaggio (2° rivoluzione industriale) e qui siamo già alla fine del 1800, all’introduzione dell’elettronica e dell’informatica (3° rivoluzione industriale) nel corso del secolo scorso, fino ad approdare a questa nostra 4° rivoluzione industriale, in cui, grazie alla produzione del digitale e alla creazione dei sistemi ciberfisici, si lavora a distanza portando avanti progetti di team in città, Paesi e persino continenti diversi. Ne è un esempio l’incremento dello smart working, nel nostro Paese, per effetto della pandemia da SARS-COV-19.
Cosa comporta tutto ciò?
Ciò si traduce nel fatto che in aziende 1.0 e 2.0 non erano importanti quali competenze avesse la persona per svolgere il lavoro, o quale background professionale avesse per ricoprire il ruolo, l’importante era che svolgesse quel lavoro. Pertanto, poteva esserci chiunque: chiunque poteva andare bene.
La visione comincia a cambiare nel 1970, con la 3° rivoluzione industriale, in cui la persona sviluppa quelle competenze tecniche, le cosiddette hard skill, che le consentono di essere portatrice di specializzazioni professionali ai fini del suo lavoro.
Ma è oggi che il rapporto con il lavoro subisce un ulteriore passo avanti: le aziende stanno ponendo sempre più l’attenzione ad aspetti che vanno oltre le hard skill e la mera esecuzione di un lavoro. Infatti, mentre nell’azienda 3.0 il focus era sul compito, oggi si lavora per obiettivi, l’importanza è data ai progetti e al lavoro in team, necessario nel portarli avanti.
Pertanto, ciò che fa la differenza adesso non è più il “cosa”, per il quale serviva una specifica competenza tecnica, ma il “chi” fa cosa: un “chi” fatto, sì, di hard skill, ma soprattutto di competenze trasversali.
Nelle aziende 4.0 il focus è sulla PERSONA. Infatti, a parità di competenze tecniche acquisite, ciò che differenzia una persona dall’altra, rispetto allo svolgimento di un lavoro, è la persona stessa ed è ciò che mette in campo a livello personale che la distingue dall’altra. Si possono replicare processi, procedure, compiti … ma non le persone. La persona sarà sempre colei che fa la differenza.
Tutto questo ha portato nuove sfide, nuove vision e nuove trasformazioni sulla realtà che ci circonda, cambiando anche l’assetto del mondo in cui viviamo. Ciò può creare crisi e perdita dei punti fermi, tuttavia possiamo decidere noi quale atteggiamento adottare e, quindi, scegliere di aprirci a nuove vision, vedere cos’altro c’è oltre la superficie e pensare fuori dagli schemi che ci siamo sempre posti. Questo può permetterci di sviluppare il nostro nuovo mindset.
Einstein diceva che:
è nella crisi che emerge il meglio di ognuno, sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie
...quindi, in un momento come questo che stiamo vivendo oggi, che ci porta a ripianificare le nostre attività, a ridefinire noi stessi e a trovare soluzioni alternative, quello che possiamo fare è aprirci a nuove sfide e mantenerci in continuo rinnovamento.
Del resto, “crisi” e “opportunità” sono due facce della stessa medaglia...
Sta a noi scegliere quale faccia guardare!
*L’insieme di tutte quelle variabili che, interagendo tra loro e portando alla creazione di meccanismi non immediatamente comprensibili, rendono complesso un sistema.
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