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“Il tempo nella selezione” secondo Emanuela…

Aggiornamento: 28 gen 2022

La vasta esperienza che Emanuela Del Pianto ha maturato nell’ambito della gestione e dello sviluppo delle risorse umane le permetteva di cogliere sfumature che, ci auguriamo, possano aprire a nuovi scenari ed essere di ispirazione per voi, così come lo sono state per noi.


Con questo articolo iniziamo il nostro viaggio alla scoperta del senso che Emanuela Del Pianto attribuiva alla dimensione “tempo”, focalizzandoci sul processo di selezione.


Il tempo nella selezione


Come tutti i processi, anche quello di selezione si articola in più fasi che, lo ricordiamo, vanno dalla stesura della job-description del/dei ruolo/i da ricoprire, alla stesura del/dei profilo/i della rosa dei candidati ritenuti più adatti a ricoprire il futuro ruolo. È come un’architettura con più stanze, una collegata con l’altra, e per chi ci si avventura è necessario un tempo di percorrenza per poterle visitare tutte.


Da questo punto di vista, il tempo del processo* è necessario che sia molto strutturato. Ogni fase deve avere una sua pianificazione temporale, puntualmente definita, altrimenti si corre il rischio di non raggiungere l’obiettivo nei tempi attesi dalla committenza.


Ora vorrei condividere qualche riflessione sulla dimensione temporale che vivono gli attori del processo di selezione.

Il tempo del selezionatore/recruiter


La dimensione temporale soggettiva del selezionatore deve ricondursi all’oggettività prescritta dal processo, mantenendovisi coerente. Quello che all’apparenza sembra un paradosso tra soggettività e oggettività, in realtà è, invece, una dualità necessaria che si sostanzia in un’alternanza di percezioni della dimensione temporale vissuta dal selezionatore. Definirla “alternanza” non è poi così corretto, perché non si tratta di un prima e di un dopo, ma di una contemporaneità di esperienza del presente e di pre-visione del futuro.


Nel momento in cui l’attore che seleziona si immerge in una qualunque delle fasi, è fondamentale che tenga conto, in ogni istante, dell’intero processo e del risultato che dovrà conseguire. E questo attiene alla pre-visione del futuro.


Ma, nel contempo, “l’immersione” nella fase assume proprio il significato che il termine ha nella metafora di un palombaro. L’attore è nella sua scena con tutto se stesso e concentrato sull’obiettivo, sul processo e sull’elemento che in quel momento lo impegna, senza distrazioni, preoccupazioni o fretta. La sua presenza è lì, in quel momento, in quel preciso contesto e riguarda congiuntamente i suoi pensieri, i suoi sentimenti e le sue emozioni, con una coerenza che si traduce in coinvolgimento avvolgente (soggettività) che però poi si deve trasformare in output professionale (oggettività).


Talvolta è difficile riuscire a fare tutto ciò. Capita che ci siano colloqui a raffica da fare in una giornata, anche sette o otto, dei quali è poi necessario scrivere anche il profilo. In questo contesto la percezione del tempo, nel selezionatore, dopo il terzo o quarto colloquio, corre il rischio di spostarsi nel futuro, con la mente che si proietta oltre e cioè al termine della giornata. Sottintende il desiderio che tutto possa finire al più presto, come quando, nella stanza d’attesa del dentista, l’unico sollievo è immaginare se stessi uscire dalla porta, quando tutto sarà finito.

In questo caso è la ripetitività dell’attività professionale e il suo incalzare in un arco di tempo piuttosto esiguo rispetto al volume, che rischia di distogliere dalla concentrazione del “qui ed ora” e di correre troppo avanti.


Il tempo del candidato


La dimensione temporale soggettiva del candidato è, nel suo vissuto, completamente diversa da quella appena descritta. Lui non è ancora un attore protagonista, anche se spera di diventarlo, ed è questa speranza che, da un lato lo motiva energeticamente, ma dall’altro lo immerge nel futuro, distogliendolo dalla pienezza dell’esperienza presente. Ed è questo il rischio maggiore che si traduce, dal punto di vista dell’agire, in una lotta per l’obiettivo anziché in un gioco con l’obiettivo.


La “lotta per” soddisfa una condizione di ansia, che lo proietta in una dimensione temporale futura di successo, ma connotata dalla preoccupazione di vincere la guerra. Questo stato d’animo ha lo svantaggio di porsi in antitesi con il processo e non in sintonia. In questo caso, il candidato si fa pilotare esclusivamente dal futuro, senza percepire appieno il suo presente.


Il “gioco con” è figlio, invece, di uno stato d’animo di chi accetta il presente, ne ha curiosità e, magari, anche un pizzico di ansia per la propria prestazione, ma il raggiungimento dell’obiettivo non è vissuto come esaltato e drammatico bensì, semplicemente, come una conseguenza naturale di ciò che si sta vivendo, assaporando tutto il significato dell’esperienza in corso.


La dimensione temporale percepita da chi è in attesa di sapere l’esito della propria candidatura diventa, spesso, una sorta di “agonia”. Sembra di essere immersi come in una grande bolla, che viene lentamente riempita d’acqua e non si conosce il momento in cui il respirare sarà minacciato. Tanto che la “tortura” non è tanto il sì o no finale, quanto l’attesa che separa dal “verdetto”.


Se poi il candidato è uscito dalle prove di selezione con l’amaro in bocca, con la sensazione di non aver dato una prestazione eccellente, il “logorio” aumenta e così verrebbe voglia di prendere un’accetta per spezzare il tempo, che diventa sempre più “dilatato”. Questo stato d’animo è ancor più vero per chi si è sentito dire un “le faremo sapere” a cui non corrisponde, con il passare dei giorni, alcun riscontro e, nel caso in cui l’aspirante provi a ricontattare l’azienda per sapere, spesso accade che l’interlocutore sia “latitante”. E il tempo si dilata ancora di più...


Questa dimensione temporale, soggettiva e ansiogena, suggerisce una riflessione: il tempo dell’ansia è di segno totalmente contrario al tempo strutturato e oggettivo del processo, che impone, come già detto, delle fasi ben scandite e ineludibili. Questa è una delle situazioni in cui il tempo soggettivo è “in antitesi” con il tempo oggettivo.


Per il candidato “fortunato”, a cui è stata data una risposta positiva, ha inizio una nuova era con l’ingresso in un mondo nuovo, che scandisce un tempo ancora diverso. La fase dell’ “accoglienza” all’interno dell’organizzazione, ha una durata variabile da contesto a contesto ma, in linea di massima, si dipana attraverso un tempo oggettivo che la persona si trova a vivere, prima di essere “buttata nella mischia”. In questa fase il tempo soggettivo è un tempo-non tempo, perché la curiosità e la scoperta sono due aspetti che non ne fanno percepire lo scorrere.

Tutto avviene come in un lampo e mentre la mente recepisce le nuove informazioni, pronta a elaborarle, il cuore batte e il processo di sintonizzazione con i ritmi dell’organizzazione si dispiega attraverso una sequenza di attimi.


Il tempo del committente


Infine, occorre spendere due parole anche sulla dimensione temporale soggettiva e oggettiva del committente.


Sul piano del tempo oggettivo, molto spesso è necessario che lui sia il garante della corretta osservazione di scadenze aziendali, condivise e predefinite.

Ma il committente è anche, spesso, l’interfaccia tra l’operatore della selezione, sia esso interno o esterno, e il cliente finale, magari un dirigente ad alto livello della struttura. Questo fa sì che il tempo soggettivo e, quindi, quello percepito, sia connotato dall’ansia del rispetto del tempo oggettivo.

Anche in questo caso, il tempo si “dilata” e sembra lunghissimo, anche a causa dell’insistenza probabile di chi aspetta la nuova risorsa.


Non è facile, dunque, conciliare, a livello di stato d’animo, in modo coerente il tempo soggettivo con quello oggettivamente richiesto dal processo.


Le riflessioni di Emanuela sul tempo non finiscono qui


Nei prossimi articoli, avremo il piacere di condividere con voi il tempo nello sviluppo e nella formazione.


* Per una descrizione dettagliata delle fasi del processo di selezione si rimanda al libro Il processo di selezione e valutazione del potenziale (Del Pianto, 2008)

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