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IL “SOFTWARE” DELLA PERSONA

  • Immagine del redattore: Stefania Scagnetti
    Stefania Scagnetti
  • 29 ott 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 10 gen 2023

“…le skill tecniche si possono imparare a scuola, le possono avere tutti.

Ma più sali in alto nella gerarchia organizzativa,

più sarà importante l’intelligenza emotiva. […]

Sono dati che non ho rilevato io, ma le stesse aziende.

Un C-Level non usa più skill tecniche.

Quello che fa per gran parte del tempo

è gestire le persone, oltre che se stesso”

D. Goleman

In un mondo 4.0 si parla sempre di più di “soft skill”. Già nel 2016, il World Economic Forum, indicava le soft skill come le competenze chiave del futuro. Infatti, queste competenze stanno assumendo, giorno dopo giorno, un’importanza sempre maggiore all’interno dei contesti aziendali. Più delle hard skill.

Probabilmente ne avrete sentito parlare, o forse no.


Proviamo a spiegarle, immaginandoci un computer

Se ci pensate, un computer non è tanto diverso da noi. Lo stesso Italo Calvino, nelle sue “Lezioni Americane”, utilizzava la metafora dell’informatica per spiegare il valore della leggerezza:

"...il software non potrebbe esercitare i poteri della sua leggerezza se non mediante la pesantezza del hardware; ma è il software che comanda, che agisce sul mondo esterno e sulle macchine, le quali esistono solo in funzione del software, si evolvono in modo d'elaborare programmi sempre più complessi."

Il computer, come noi, è dotato di un cervello, di un’unità centrale di elaborazione. L'hardware è ciò che struttura un computer e, in linea di massima, è uguale per tutti. Ma dipende da come viene utilizzato: se ci sono due computer che hanno lo stesso hardware, ciò che distingue l’uno dall’altro sarà sicuramente il software, che definisce come si utilizza l’hardware.

Allo stesso modo, noi siamo fatti sia di hardware che di software. Il nostro hardware sono le hard skill: le competenze tecniche che acquisiamo, negli anni, con la formazione e l’esperienza. Il nostro software, invece, sono le soft skill: le competenze trasversali, le nostre attitudini, che ci definiscono come persone, sono distintive e personali e possono essere innate, acquisite e incrementate con l’esperienza.

Se intraprendessimo lo stesso e identico percorso formativo di un’altra persona e condividessimo la stessa esperienza professionale, le hard skill che acquisiremmo saranno, in linea di massima, le stesse. E allora, come fa un’azienda a orientarsi su chi, ad esempio, scegliere per una posizione vacante? Cosa fa la differenza?

Il “software” della persona.

A parità di hard skill, ciò che realmente distingue una persona dall’altra sono le sue soft skill. Come il computer, così anche noi abbiamo il nostro software, che ci identifica e definisce come utilizziamo il nostro hardware: le nostre competenze hard.

Tornando al nostro esempio: probabilmente l’azienda sarà più propensa a scegliere la persona che manifesta maggiormente quelle attitudini indispensabili per agire quel determinato ruolo. Alcune possono essere: la flessibilità mentale, il problem solving, l’intelligenza emotiva, la capacità di lavorare in gruppo, lo spirito di iniziativa, la comunicazione, la tenacia e la determinazione, e così via.

C’è un mondo dietro le soft skill e tanti modelli a cui far riferimento. Per questo, disporre di un modello di competenze è indispensabile per un’azienda: definisce il sistema professionale al suo interno e chiarisce le aspettative legate a ciascun ruolo.

Non trascuriamo di sviluppare e incrementare le nostre soft skill, perché sono quelle che ci permettono di manifestare la nostra identità e costituiscono la nostra essenza.


Ci permettono di imparare dalle nostre esperienze, di migliorarci sempre di più, di non lasciarci trasportare dai cambiamenti che quotidianamente viviamo e, non da ultimo, ci aprono alle opportunità.


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