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EMANUELA... E IL COACH COME LEADER

Aggiornamento: 10 gen 2023


Abbiamo già affrontato il tema del coaching, ma questa volta vogliamo porre l’accento su un particolare aspetto del coach, che merita una riflessione.


Come diceva la nostra mentore Emanuela Del Pianto, nel suo libro La Potenza del Coaching”, infatti:

il coach ha bisogno di attivare in se stesso le medesime risorse che attiva nella relazione di coaching” e, come il coachee, “anche il coach non è immune dalle sue ombre e dai suoi punti ciechi” sulle quali può allenarsi a far luce mediante “la stessa pratica di osservazione e di riflessione […], per non depotenziare la relazione di coaching.”


Nel proporre questa riflessione, Emanuela metteva in luce un aspetto “ombra” del coach in un paragrafo dedicato, che oggi portiamo alla vostra attenzione, certe del fatto che attraverso le sue parole anche i non coach potranno attivare una riflessione sul proprio agire.

Lasciamo a voi la lettura tratta dal paragrafo:


Un chiaro/scuro del coach: la soglia tra coaching e leadership*


Il titolo vuole rappresentare l’idea di un equivoco di fondo in cui, fino ad adesso, ho la sensazione che si possa cadere. Questa mia riflessione non è una certezza, ma come ho detto è una sensazione, che il pensiero comune della maggior parte dei coach sia quello di evitare assolutamente, come funesta, l’assunzione, in qualche misura, di leadership nell’ambito della relazione di coaching. […]


…se in linea generale la relazione di coaching è assolutamente paritaria con una responsabilità condivisa, tra coach e coachee al 50%, ciò non vuol dire che l’approccio e, quindi, la modalità di entrare in relazione con il coachee, da parte del coach, non assuma caratteristiche di leadership, in qualche passaggio. Del resto diciamo sempre che nessun capo in azienda, anche se ha fatto coaching può diventare un coach, ma riteniamo comunemente che possa sviluppare, attraverso l’esperienza personale di coaching, un approccio coaching oriented verso i suoi collaboratori.


Dunque, perché non può essere vero che anche il coach, in certi momenti, vesta i panni del leader?


Non è mai, certamente un manager del coachee, nel senso che non lo gestisce, non ne ha la responsabilità in quanto dipendente da lui. Non organizza, non pianifica, non assegna ruoli, non delega e non controlla il mondo del coachee, ma è talvolta leader, in quanto guida, motiva, fa crescere, è di esempio, è un punto di riferimento. E, infatti, il significato di leadership è quello di orientare, di essere una guida e un punto di riferimento. […]


Io ritengo che se il coach entra nell’ accettazione di qualche momento in cui è leader oltre che coach, può uscire dall’ombra di un punto cieco, che la negazione di questo comporta, depotenziandolo ed entra, invece, nella potenza dell’accettazione, che è confinante con la consapevolezza.

Entrando in un esempio più concreto, se un coach si trova a lavorare con un coachee e l’obiettivo è l’incremento della leadership, da parte di quest’ultimo, il coach non potrà esimersi dall’assumere, in modo naturale, dei comportamenti da leader, per esempio nelle specificità delle domande che fa al coachee oppure, semplicemente, rivelando la propria autenticità.

Come può, infatti, chi non ha vissuto una esperienza di leadership consapevole e autentica, fare in modo che possa emergere questa competenza in un’altra persona?


Sappiamo, infatti, che una delle matrici degli insight di consapevolezza del coachee è l’imitazione e il rispecchiamento: l’imitazione, che possiamo chiamare anche modeling, è prendere a modello da parte del coachee, inconsapevolmente, il coach e le sue modalità di comportamento.


Tutta questa riflessione sulla leadership riguarda la modalità di comunicazione, da parte del coach, e quindi la qualità della relazione, non ciò che dice e, cioè, il contenuto.

...accettare i propri momenti di leadership durante il coaching è anche una responsabilitàconsapevole da parte del coach.

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